GLIFOSATE SÌ, GLIFOSATE NO… GLIFOSATE FORSE?

13/10/2016

Nello scorso numero abbiamo provato a delineare il quadro normativo legato alle registrazioni dei formulati commerciali contenenti la sostanza attiva glifosate.
Adesso cerchiamo di chiarire gli aspetti ecologici e tossicologici connessi ai residui del glifosate.
Incominciamo dal “Rapporto nazionale pesticidi nelle acque” redatto dall’ISPRA, che si riferisce agli anni 2013 e 2014. Il termine “pesticidi” è appropriato in quanto il rapporto non considera solo i fitofarmaci, ma l’insieme delle molecole utilizzate anche in campo extra agricolo come i biocidi (ad esempio sostanze erbicide utilizzate contro le alghe negli impianti di depurazione delle acque, preservanti, disinfettanti).
Il rapporto si basa sui dati di monitoraggio raccolti dalle Regioni. Nel biennio 2013- 2014 sono stati analizzati 29.220 campioni per un totale di 1.351.718 misure analitiche e sono state ricercate oltre 350 sostanze attive.
Il monitoraggio ha mostrato diverse criticità. Innanzi tutto una copertura territoriale incompleta, essendo concentrato principalmente nelle aree del Nord: infatti nelle regioni del Centro Italia (tranne la Toscana), si registra un basso numero di stazioni di monitoraggio, situazione che si riduce moltissimo nelle regioni del Sud e in Sicilia e Sardegna: da Molise e Calabria non è pervenuta nessuna informazione, mentre da Campania, Puglia e Basilicata solo informazioni sulle acque superficiali. Quindi, alcune sostanze attive (ad esempio insetticidi neonicotinoidi e il glifosate con il suo metabolita AMPA) sono state ricercate solo in alcune regioni e alcune sostanze di recente introduzione (non solo in ambito agricolo) non sono state oggetto di monitoraggio.
Il monitoraggio dimostra una diffusione ampia della contaminazione.
Pesticidi sono presenti nel 63,9% dei punti di monitoraggio delle acque superficiali e nel 31,7% di quelle sotterranee, più che nel passato. Le frequenze sono più basse nelle acque sotterranee, ma i pesticidi sono presenti anche nelle falde profonde naturalmente protette da strati geologici poco permeabili. Sono state trovate 224 sostanze diverse, un numero sensibilmente più elevato degli anni precedenti. La contaminazione è più diffusa nella Pianura Padano-Veneta. Questo dipende dal fatto che nelle cinque regioni dell’area si concentra poco meno del 60% dei punti di monitoraggio dell’intera rete nazionale.
Il 21,3% dei punti delle acque superficiali ha concentrazioni superiori al limite. Nelle acque sotterranee la percentuale di superamenti è 6,9%.
Per rimanere nell’ambito del glifosate e del suo metabolita AMPA (l’acido amminometilfosfonico, primo prodotto di degradazione della superficie agricola che viene mineralizzato ad anidride carbonica – sono dati dell’Istituto Superiore di Sanità del 2002 – che può provenire, però, anche dalla degradazione di altri composti chimici – dati di studio svizzero commissionato dalla Radio Televisione Svizzera a un istituto di ricerca nell’aprile 2016, i cui risultati sono reperibili su internet) nel 2014 il glifosate è stato trovato nel 39,7% dei 302 punti di monitoraggio delle acque superficiali in cui è stato cercato. In 76 casi (25,2%) è responsabile del superamento degli standard di qualità ambientali (stabiliti in base alla tossicità per gli organismi acquatici). Nelle acque sotterranee, invece, è risultato presente nel 4,3% dei 185 punti controllati, in 2 casi (1,1%) con valori superiori agli standard qualitativi.
La contaminazione dovuta all’AMPA si è rivelata presente nel 70,9% dei 289 punti di monitoraggio delle acque superficiali, in 151 casi (52,2%) con valori superiori agli standard qualitativi. Nelle acque sotterranee è presente nel 4% dei 177 punti di monitoraggio, in 4 casi (2,3%) con valori superiori agli standard di qualità.
Sarebbe opportuno a questo punto chiedersi quanto glifosate utilizzato in agricoltura sia il responsabile della contaminazione e quanto, invece, derivi da usi extra agricoli, fino ad oggi legittimi, ma magari non ben proporzionati a livello di dosaggi e di tecniche distributive.
Per il suo metabolita AMPA occorre tener presente che questo risulta essere non solo un prodotto di degradazione del glifosate, ma anche un prodotto risultante dalla demolizione dei detersivi domestici. Il fatto che venga trovato con tale frequenza nelle acque superficiali rispetto al glifosate lascia supporre che buona parte dell’AMPA sia di natura extra agricola; sembra inoltre che la sua maggiore concentrazione nelle acque superficiali sia stata riscontrata nei punti monitorati in corrispondenza delle grandi città del Nord. Non essendo possibile ottenere dati circa le vendite di glifosate per utilizzi extra agricoli e non potendo determinare se un metabolita derivi da una sostanza (glifosate) o da altre (detersivi) non è possibile affermare con certezza che la contaminazione delle acque sia provocata da residui derivanti dall’uso agricolo di prodotti fitosanitari a base di glifosate o da utilizzi extra agricoli. Certamente utilizzi “scriteriati” si saranno pur verificati in campo agricolo, ma non tali da essere gli unici responsabili, insieme con un uso corretto, a determinare questo stato di contaminazione delle acque. Infatti i tempi di utilizzo del glifosate (in assenza della coltura o localizzato nelle colture arboree), dosaggi utilizzati inferiori nella maggior parte dei casi ai massimi consentiti dalle etichette dei prodotti e la naturale consuetudine della maggior parte degli agricoltori di considerare il costo del trattamento, cercando di risparmiare il più possibile, portano a ritenere che la responsabilità della contaminazione da parte dell’agricoltura sia realmente inferiore rispetto alle accuse. A mio parere occorre la massima prudenza nell’illustrazione di dati di una certa rilevanza e gravità.
Dopo la tossicità ambientale, la tossicità per la salute.
Innanzi tutto: come è possibile che il glifosate entri nella dieta dei consumatori?
È innegabile che l’assunzione di glifosate e/o di AMPA può avvenire con acque potabili non depurate (la depurazione viene comunque effettuata; nel caso di glifosate e AMPA la filtrazione o il solo trattamento con cloro possono rimuovere completamente questi residui dalle acque); ma nel cibo?
Il glifosate è diserbante totale non selettivo, distrugge gli organi vegetali: non può essere adoperato su piante e colture che poi entrano nella dieta: come può essere “mangiato” dai consumatori?
La monografia 112 dell’11 agosto 2016 redatta dallo IARC sostiene che il glifosate si può trovare nei terreni, nelle acque superficiali e profonde e nell’aria. Nel cibo, residui di glifosate sono stati accertati nei cereali nel 50% dei campioni analizzati in Danimarca nel 1998-1999 e nel 9.5% in campioni provenienti dalla UE e da Norvegia e Islanda nel 2007. È evidente che il glifosate è stato utilizzato in pre raccolta dei cereali a paglia in Paesi del Nord Europa per consentire la trebbiatura; in Italia questa pratica è stata autorizzata dal Ministero della Salute da pochi anni. Ben venga, quindi, il richiamo della UE a un utilizzo secondo le buone pratiche e la decisione del nostro Ministero della Salute di vietare questo impiego.
Veniamo ora alla tossicità del glifosate e del suo metabolita AMPA.
Tutto ha inizio con la pubblicazione della monografia 112 il 20 marzo 2015 con cui lo IARC classifica il glifosate come probabile cancerogeno per l’uomo. La valutazione dello IARC è stata ottenuta attraverso l’esame del glifosate sia come sostanza attiva che come insieme dei formulati che lo contengono, quindi comprensivi di coformulanti, senza differenziare i campioni analizzati a seconda della loro composizione.
Nella sua attività di valutazione delle sostanze chimiche utilizzate in tutta Europa, la EFSA, vista la scadenza delle autorizzazioni del glifosate, ha eseguito una particolare valutazione del rischio “glifosate” che avrebbe dovuto essere utilizzata per il mantenimento o meno del glifosate nell’elenco delle sostanze attive autorizzate in tutta la UE e per informare gli Stati membri che devono legiferare in merito all’utilizzo dei formulati contenenti glifosate nei loro territori.
EFSA nel suo metodo di lavoro valuta individualmente ogni sostanza chimica e ogni miscela commercializzata: pertanto ha analizzato la sostanza attiva glifosate; nel suo rapporto conclusivo ha però tenuto in considerazione anche il rapporto IARC e altri studi.
Le conclusioni dell’EFSA: senza entrare in dettagli complessi, innanzi tutto EFSA ha definito la dose acuta di riferimento (DAR) pari a 0.5 mg/kg di peso corporeo; si tratta della quantità giornalmente ingeribile di una sostanza che non comporta rischi per la salute. In base a questo dato, una persona del peso di 70 kg potrebbe assumere fino a 35 milligrammi di glifosate al giorno senza subire nessun effetto né acuto né cronico. Non facciamoci fuorviare dal dato espresso in “milligrammi”: si tratta di una quantità elevatissima trattandosi di un residuo.
Inoltre l’EFSA sostiene che sia improbabile che il glifosate costituisca una minaccia di cancro per l’uomo e che danneggi il DNA umano; EFSA, quindi, non propone di inserire tali rischi nei regolamenti UE in materia di classificazione, etichettatura e imballaggio delle sostanze chimiche.
Riguardo al metabolita AMPA la sua pericolosità per la salute è stata definita nel 2013 dall’OMS paragonabile a quella del glifosate. Ma allora dove deve essere identificato il “rischio glifosate” (la UE nei documenti ufficiali lo chiama “glifosato”)? Ce lo rivela il regolamento 2016-1313 del 1° agosto 2016: nella premessa del regolamento, la 4ª considerazione sostiene che “l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (di seguito «l’Autorità») ha trasmesso alla Commissione la sua dichiarazione sulla valutazione tossicologica dell’ammina di sego polietossilata (n. CAS 61791-26-2), una sostanza usata di frequente come coformulante nei prodotti fitosanitari contenenti glifosato. L’Autorità ha concluso che, rispetto al glifosato, in tutti i punti finali esaminati sono stati osservati effetti tossici significativi dell’ammina di sego polietossilata. Un altro motivo di preoccupazione che è stato segnalato riguarda il potenziale dell’ammina di sego polietossilata di incidere negativamente sulla salute umana se impiegata nei prodotti fitosanitari contenenti glifosato. L’Autorità ha inoltre ritenuto che una probabile spiegazione dei dati medici negli esseri umani per quanto riguarda i prodotti fitosanitari contenenti glifosato è che la tossicità deriva soprattutto dalla componente ammina di sego polietossilata nella formulazione”.
Ben venga, quindi, la decisione della UE di incaricare gli Stati membri “affinche i prodotti fitosanitari contenenti glifosato non contengano il coformulante ammina di sego polietossilata (n. CAS 61791-26-2)” e la conseguente decisione del nostro Ministero della Salute che ha revocato le autorizzazioni dei formulati a base di glifosate che contengono tale coformulante.
Mi auguro di aver fornito informazioni sufficienti affinchè ciascun lettore possa trarre le proprie conclusioni: volutamente ho esclusivamente consultato dati scientifici di nessuna tendenza favorevole o contraria ai fitofarmaci; il sito Monsanto è stato consultato esclusivamente a livello di trattazione storica del prodotto e gli atti del Pesticide Chemistry- Pesticides del 2011 (intervento del dr. Richard P. Garnett di Monsanto Europe) in quanto unico contributo consistente riguardante AMPA.
Sperando di non dimenticare nulla ecco i dati bibliografici utilizzati:
• www.roundup.it/storia
• www.roundup.it/il_glifosate
• ISPRA – Rapporto Nazionale Pesticidi nelle Acque
• www.risoitaliano.eu/il-pericolo-e-la-ragione/
• TIBIO sagl – Comano – CH – Analisi di urina: ricerca di glifosato, AMPA e glufosinato
• Istituto Superiore di Sanità – rapporti ISTISAN 02/37
• IARC – IARC monographs Volume 122: evaluation of five organophosphate insecticides and herbicides
• EFSA – Il Glifosato
• Presence of Glyphosate and its soil metabolite aminomethylphosphonicacid (AMPA) in surfacewater - XIV Symposium in Pesticide Chemistry-Pesticides in the Environment: fate, modelling and risk mitigation - 2011
• Regolamento di Esecuzione (UE) 2016/1056
• Regolamento di Esecuzione (UE) 2016/1313
• Decreto 9 agosto 2016 del Minstero della Salute
• Decreto 16 agosto 2016 del Ministero della Salute

pagine a cura di Marco Visca