Confagricoltura traccia il bilancio dell’annata agraria che si chiude il giorno di San Martino (11 novembre)

10/11/2017

Confagricoltura traccia il bilancio dell’annata agraria che si chiude il giorno di San Martino (11 novembre). Produzioni in forte calo ma di elevata qualità caratterizzano il 2017 in Piemonte. La vera emergenza sono i cambiamenti climatici che impongono efficaci politiche di gestione del territorio.

L’annata agraria 2017 sarà ricordata per il particolare andamento meteorologico caratterizzato da una grande siccità estiva che ha posto in primo piano la questione dell’approvvigionamento idrico e la necessità di interventi strutturali per affrontare le emergenze legate al clima. Gli incendi di fine ottobre hanno inoltre messo a dura prova le montagne piemontesi (che rappresentano il 45% della superficie subalpina) e confermato che è sempre più urgente definire un’efficace politica di gestione del territorio che veda l’agricoltura parte integrante della stessa.

Per molte colture il raccolto 2017 è stato scarso in termini quantitativi, con costi di produzione elevati dovuti al ricorso all’irrigazione a causa della siccità. Il Piemonte vitivinicolo ha pertanto una produzione di vino inferiore di quasi il 30% rispetto all’anno scorso, complici anche le gelate di aprile; tuttavia, la vendemmia fortemente anticipata per la maturazione precoce dovuta al caldo non ha impedito elevati livelli qualitativi delle uve.

Per il comparto frutta, le produzioni sono inferiori dal 20 al 40% per pesche, albicocche, ciliegie, susine e castagne. Si registra un crescente interesse per la frutta biologica, che spunta prezzi decisamente superiori a quella ottenuta con metodo convenzionale. Sul fronte della redditività il bilancio però non sempre è positivo.

Diminuisce anche la produzione di orticole e quella del comparto florovivaistico (per le gelate primaverili).

Sul fronte cereali si registra un ottimo raccolto per il riso per qualità e quantità, che tuttavia risente di un andamento particolarmente negativo dei prezzi. Il Carnaroli, ad esempio, è quotato 270 euro a tonnellata; due anni fa era a 700 €/ton.

Produzione in lieve calo per il mais, con prezzi stabili rispetto al 2016, ma in diminuzione rispetto a questa primavera. L’orzo è stabile, ma aumenta le superfici dedicate. Il frumento, tenero e duro, è di buona qualità ma con quantitativi in calo e prezzi ancora insoddisfacenti. Dopo un 2016 caratterizzato dal crollo dei prezzi di vendita della produzione di grano (duro in particolare), con ricavi non più sufficienti a compensare i costi, la situazione purtroppo si sta ripresentando allo stesso modo anche quest’anno, con molte aziende che rischiano di chiudere e altre che abbandoneranno la coltivazione di grano.

Annata decisamente negativa per i produttori di miele, con quantitativi molto scarsi, in particolare per le varietà acacia e castagno.

Per il comparto latte, la domanda da alcuni mesi è tonica. L’aumento delle richieste di burro (a causa delle polemiche sull’impiego dell’olio di colza) ha rappresentato un’opportunità i prodotti italiani di qualità, anche se il beneficio non si è riversato sul prezzo. Attualmente il latte piemontese alla stalla vale circa 37 cent/litro.

Annata delicata per quanto riguarda l'avicoltura, con la vicenda Fipronil e Amitraz. Confagricoltura Piemonte collaborerà con le autorità sanitarie per la diffusione dei piani di autocontrollo ed è a favore della richiesta della timbratura delle uova per ogni singola azienda di allevamento, al fine di salvaguardarne l’origine e di tutelare la provenienza del prodotto nazionale.

Le 54.522 aziende agricole piemontesi rappresentano il 12,3% di tutte le imprese subalpine. Il dato (Infocamere) è in costante contrazione: tengono quelle più strutturate, che sanno investire in innovazione e guardano ai mercati. “L’andamento altalenante di questi ultimi e gli evidenti cambiamenti climatici - afferma il presidente regionale di Confagricoltura Enrico Allasia – mettono a dura priva il settore primario, che in Piemonte ha ancora annose questioni da risolvere. E’ il caso della proliferazione dei selvatici, del peso della burocrazia, della mancanza di un impianto integrato di filiere in grado di valorizzare i nostri prodotti, ma anche del sistema macchinoso di accesso ai contributi comunitari che frena lo sviluppo della nostra agricoltura. In questo quadro, certamente complesso, la nostra organizzazione continua a lavorare ogni giorno con l’obiettivo di tutelare, in primo luogo, gli interessi delle imprese agricole che rappresenta e, più in generale, della collettività, del territorio e dell’ambiente”.

Alle forze politiche e ai rappresentanti delle istituzioni Confagricoltura chiede di dedicare attenzione e rispetto al lavoro dell’imprenditore agricolo, ricordandosi dell’importanza del settore primario non soltanto di fronte alle emergenze, ma quotidianamente, per sostenere un settore produttivo che può ancora offrire molto a tutto il Paese.