La Corte di Cassazione fa chiarezza sull’attività agrituristica

09/09/2015

La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 16685/2015 non ha riconosciuto agricola ai fini previdenziali l’attività agrituristica in quanto il reddito dell’azienda agricola risultava inconsistente rispetto a quello dell’attività agrituristica. La Suprema Corte, nella richiamata sentenza, ha infatti ribadito il concetto cardine secondo il quale il riconoscimento quale agrituristismo dell’attività di “ricezione ed ospitalità” richiede la contemporanea sussistenza della qualifica di imprenditore agricolo da parte del soggetto che la esercita, dell’esistenza di un rapporto di connessione, complementarietà e prevalenza dell’attività agricola rispetto a quella agrituristica; tutto ciò con la normale ed inevitabile conseguenza che non potrà essere considerata “agrituristica” un’attività di “ricezione” e di “ospitalità” svolta da un imprenditore che non possa qualificarsi come agricolo ovvero che non rispetti detto rapporto di “connessione e complementarietà” con l’attività agricola. Infatti, qualora i prodotti dell’azienda agricola vengano utilizzati come materie prime per l’agriturismo, i ricavi dell’attività agricola potrebbero essere nettamente inferiori rispetto a quelli dell’attività agrituristica ma verrebbe ugualmente mantenuto il requisito di “connessione”. Occorre ribadire che per lo svolgimento di un’attività agrituristica in connessione con l’azienda agricola è necessario rispettare i principali concetti normati dalla legge 20 febbraio 2006 n. 96 e dai successivi regolamenti adottati dalle Regioni. In concreto, la qualifica di imprenditore agricolo e una sostanziale presenza qualitativa e quantitativa dell’attività agricola rispetto a quella di ricezione ed ospitalità costituiscono due requisiti imprescindibili per poter parlare di “agriturismo” secondo i dettami legislativi in materia.