Non è un caso la notevole crescita del 46% che ha interessato nell’ultimo quinquennio i vitigni alla base del prosecco. E’ aumentata (+ 46%) la coltivazione per il Glera, ma è cresciuta (+ 42%) anche per il Pinot Grigio, mentre si è registrato un calo nella coltivazione di Sangiovese (-25%) e di Montepulciano (-21%), ancora oggi i due vitigni più diffusi in Italia. Nel rapporto Agronetwork e Wine Monitor si legge che, nel 2016, l’export di vino italiano ha toccato un nuovo record, arrivando a quasi 5,6 miliardi di euro, vale a dire il 4,2% in più di quanto messo a segno l’anno precedente.
Ugualmente se questo aumento viene depurato dalla crescita registrata dal Prosecco sui mercati esteri, si ferma ad un livello molto più basso, appena +0,2%. E le diverse performance registrate nell’export regionale, cioè il successo dei vini sui mercati esteri, si riflettono necessariamente sulla redditività delle imprese vinicole. Sono Veneto e Toscana - si legge nel rapporto - le regioni con i valori più alti in termini di redditività dell’attivo (ROI) e di utile sul patrimonio netto (ROE). Buoni risultati anche per la Campania e per il Friuli, calano seppur leggermente Piemonte, Lombardia e Sicilia.
“Le imprese vinificatrici italiane che commercializzano il vino con un proprio marchio sono 50 mila e il vigneto Italia occupa 640 mila ettari. Una produzione molto importante – ha concluso Massimiliano Giansanti – che merita a pieno il suo successo internazionale. Confagricoltura è impegnata per creare le condizioni ideali di competitività per le imprese enoiche. Non ci piacciono le diverse velocità quando la meta da raggiungere è la stessa. La redditività è il parametro alla base della sostenibilità economica di queste aziende”.