Redditi medi pro-capite compresi tra i 42mila e i 57mila dollari annui – contro i 31.000 di quelli italiani – previsti ulteriormente in crescita di oltre il 14% nei prossimi cinque anni, fanno del Nord America uno dei mercati più importanti per le esportazioni agroalimentari, dove oggi la nostra quota misurata sull’import del paese è ancora marginale (3,4% negli Usa, 2,6% in Canada).
Eppure le potenzialità di crescita sono tante, alla luce del posizionamento e della reputazione di cui godono i nostri prodotti presso i consumatori di questi due paesi. E’ quanto emerge da uno studio di Nomisma e CRIF presentato oggi in occasione del Forum Agrifood Monitor, tenuto a Palazzo di Varignana e al quale hanno partecipato, tra gli altri, Gianpiero Calzolari (Granarolo), Paolo De Castro (Parlamento Europeo), Jan Scazighino (Ambasciata del Canada), Michele Scannavini (ICE Agenzia), Luigi Scordamaglia (Federalimentare), Paolo Tramelli (Consorzio Prosciutto di Parma).
I prodotti tipici del “Made in Italy” alimentare rappresentano la principale componente dell’export verso questi due paesi: vino, olio d’oliva, formaggi e pasta pesano per circa il 65% sulle esportazioni agroalimentari complessive e contribuiscono in primis ad una bilancia commerciale positiva che, considerata congiuntamente (Usa+ Canada) presenta un saldo di 3,2 Miliardi di euro.
Margini di crescita «Il consumo di food&beverage italiano è ancora fortemente concentrato negli Stati costieri degli USA, che presentano i maggiori consumi pro-capite, mentre il Made in Italy risulta poco diffuso nel Mid-West e nelle altre zone centrali del Paese» dichiara Andrea Goldstein chief economist di Nomisma, sottolineando così i potenziali margini di sviluppo ancora esistenti per le nostre esportazioni. E proprio per capire le differenze esistenti tra le diverse aree degli USA nella conoscenza e reputazione dei prodotti italiani al fine di comprenderne le opportunità di crescita è stata realizzata da Nomisma una survey su un campione di 2.500 consumatori americani suddivisi tra gli stati di New York, California e l’area del “Mid-West” (Illinois, Michigan e Ohio). Tale indagine è stata poi affiancata da un’altra sui consumatori canadesi, sempre nell’ottica di identificare le peculiarità esistenti nella mappa delle preferenze dei consumi alimentari e, di conseguenza, le potenzialità di espansione per i prodotti italiani.
Criteri di acquisto Sebbene il prezzo rappresenti il primo criterio nell’acquisto di un prodotto alimentare per oltre il 20% di statunitensi e canadesi (con punte che arrivano oltre il 40% nel caso dei consumatori del Mid-West), il “Made in Italy” si posiziona al primo posto in termini di reputazione qualitativa presso tutti i consumatori USA, ma al secondo posto nel caso dei canadesi dove svettano invece quelli americani (che rappresentano anche i primi esportatori nel paese). Elevato il tasso di penetrazione dei prodotti italiani, pari a circa l’80% per entrambe le popolazioni dei due mercati. In tale ambito, oltre il 10% dei consumatori possono essere definiti “authentic user”, vale a dire persone in grado di indicare brand di aziende italiane, che consumano prodotti del “Made in Italy” anche tra le mura domestiche e che si dicono disposte a spendere di più