Massimiliano Giansanti, nel suo intervento, ha pure espresso la sua contrarietà al ‘new delivery model’ (nuovo modello di risultati), con gli Stati membri che avrebbero margini di discrezionalità in un piano europeo che andrebbe a fissare solo la cornice strategica in cui muoversi. “Siamo contrari ad un processo che, di fatto, aprirebbe le porte alla rinazionalizzazione della Pac – ha osservato -. Non è certo questo il modello che auspichiamo per il post 2020; al contrario vorremmo una maggiore coerenza e unitarietà a livello europeo, di obiettivi e di strumenti”.
“Gli agricoltori – ha proseguito Giansanti - hanno diritto ad un reddito equo e stabile; se è vero che un agricoltore dà da mangiare a 60 cittadini, non è altrettanto vero che 60 cittadini danno da mangiare ad un agricoltore”.
Ha quindi contestato la proposta di ‘capping’ (praticamente un tetto massimo o plafonamento) e di redistribuzione dei pagamenti diretti dalle grandi alle piccole aziende agricole. “Bisogna impedire che vengano penalizzate le imprese più grandi che sono quelle più dinamiche sui mercati internazionali e che danno occupazione”.
“Il ministero ha indicato tre parole chiave per il rinnovamento della Pac: agricoltura, ambiente, alimentazione – ha concluso il presidente di Confagricoltura -. Sono anche le nostre indicate sin all’inizio del mio mandato di presidente, con cui abbiamo sollecitato attenzione sui temi dell’agribusiness, della sostenibilità, della nutrizione e salute (valutando pure i nuovi consumi, le richieste alimentari dei Millennials). A queste tre parole chiave ne avevamo aggiunte altre due, che ci sembrano anch’esse imprescindibili: competitività (con aziende strutturate che facciano reddito); giovani (intervenendo per favorire occupazione e ricambio generazionale). E’ essenziale che l’impresa agricola ed il reddito degli imprenditori agricoli tornino al centro di una Pac più semplice, più efficace e con regole davvero comuni”.