Confagricoltura Alessandria
25-02-2021
Agricoltura 4.0, solo l’innovazione può garantire una competitività sostenibile. E diminuiscono i costi di produzione
Agricoltura 4.0, solo l’innovazione può garantire una competitività sostenibile. E diminuiscono i costi di produzione

Agricoltura 4.0, solo l’innovazione può garantire una competitività sostenibile. E diminuiscono i costi di produzione

Tra Covid-19, cambiamenti climatici, concorrenza internazionale ed European Green Deal, le imprese agricole sono chiamate alla doppia sfida della competitività e sostenibilità, due obiettivi che spesso non vanno d’accordo.

L’innovazione, dalle nuove tecnologie di evoluzione assistita (TEA) all’agricoltura di precisione e 4.0, può aiutare le aziende a vincere questa sfida ma i gap da colmare per arrivare ad una diffusione nel settore sono ancora tanti (infrastrutturali, economici, normativi, culturali).

Senza contare la “diffidenza” dei consumatori, anche se la survey Nomisma-Agrifood Monitor realizzata in partnership con Crif ha messo in luce come i preconcetti verso l’innovazione in agricoltura (e il cibo prodotto) derivano più dalla mancanza di una corretta comunicazione/informazione che da forme di “integralismo alimentare”.

Per il 45% degli italiani, i prodotti agroalimentari derivanti da aziende “tradizionali” vengono percepiti – a prescindere dall’effettivo consumo – di qualità superiore rispetto a quelli delle aziende più avanzate dal punto di vista tecnologico. Ma a fronte di un futuro condizionato dai cambiamenti climatici e dalla necessità di attività produttive più sostenibili, non sembra esserci storia: il 54% dei consumatori reputa necessario un cambio di rotta per gli agricoltori italiani, attraverso investimenti in innovazione che permettano di affrontare la doppia sfida della competitività e sostenibilità.

Certo, non mancano gli irriducibili, quelli disposti a pagare di più pur di continuare ad avere prodotti da contadini meno avvezzi alla tecnologia (18%), così come un 13% si dice pronto a cambiare la propria dieta introducendo alimenti “alternativi” (come gli insetti o le alghe), un 5% disponibile a consumare cibi creati in laboratorio e un rimanente 10% indifferente all’origine territoriale e incline ad acquistare prodotti stranieri (della serie “Franza o Spagna, ….”).

Il consumatore è sovrano, ma la stessa survey realizzata da Nomisma in partnership con Crif e presentata questa mattina durante il V Forum Agrifood Monitor in diretta streaming, ha evidenziato come molte convinzioni – rivelatesi errate – da parte degli italiani sulle innovazioni in agricoltura derivano da una scarsa conoscenza, tanto da venire “ribaltate” una volta spiegate le funzioni di tali miglioramenti tecnologici, soprattutto se inquadrate nello scenario evolutivo verso il quale stiamo andando.

Uno scenario futuro contraddistinto dalla “scarsità”

Di cibo (entro il 2050 ne occorrerà tra il 60% e 70% in più di quello attualmente prodotto per soddisfare la domanda alimentare mondiale), di acqua e di terra (sempre nel 2050 ogni essere umano avrà a disposizione 0,1 ettari di superficie coltivabile contro i 0,4 ettari del 1960) e in un contesto di clima “impazzito” (negli ultimi quarant’anni, il numero di disastri naturali nel mondo è più che triplicato). E’ anche da questa preoccupante visione che la Commissione Europea è partita con il lancio del Green Deal, un piano d’azione che dovrebbe portare l’UE entro il 2050 alla neutralità climatica (zero emissioni nette di gas a effetto serra) e che, con le sottostanti strategie “From Farm to Fork” e “Biodiversity” individua ambiziosi obiettivi che andranno ad incidere sensibilmente sulle attività agricole ed alimentari.

“Gli scenari della scarsità alimentare, delle risorse naturali e dei cambiamenti climatici ci sembrano fantascienza ma in realtà ci riguardano da vicino, soprattutto per le implicazioni che generano

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