Con il decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 198 – Attuazione della direttiva (UE) 2019/633 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019
Con il decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 198 – Attuazione della direttiva (UE) 2019/633 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese nella filiera agricola e alimentare, nonché dell’articolo 8 della legge 22 aprile 2021, n. 53, in materia di commercializzazione dei prodotti agricoli e alimentari si disciplinano le relazioni fra acquirenti e fornitori di prodotti agricoli ed alimentari, indipendentemente dal loro fatturato.
Di seguito si forniscono alcune prime indicazioni, rimandando a una lettura completa del provvedimento al testo in allegato.
Il decreto regolamenta le modalità con cui le relazioni commerciali si devono svolgere, adottando misure per il contrasto alle pratiche commerciali sleali.
Il decreto prevede, tra l’altro, che i contratti di cessione debbano essere conclusi obbligatoriamente mediante atto scritto, stipulato prima della consegna dei prodotti e indicare la durata, le quantità e le caratteristiche del prodotto venduto, il prezzo, le modalità di consegna e di pagamento. Il prezzo deve essere determinato o determinabile sulla base di criteri stabiliti nel contratto. Il contratto di cessione dei prodotti agricoli (ivi compresi fra quelli conclusi fra imprenditori agricoli) deve dunque essere obbligatoriamente perfezionato in forma scritta. La disposizione in questione costituisce norma imperativa, per cui è nulla qualunque pattuizione o clausola contrattuale contraria. Al fine di considerare assolto l’obbligo della forma scritta, si prevede che le condizioni possano essere riportate anche nei documenti di trasporto o di consegna, nella fattura, nell’ordine di acquisto, purché gli elementi contrattuali obbligatori siano stati concordati fra acquirente e fornitore in un accordo quadro. Così gli ordini di acquisto e le comunicazioni antecedenti alla consegna dei prodotti, come le fatture ed i documenti di trasporto rappresentano modalità esecutive di un precedente accordo quadro, che costituisce il testo base sul quale si radica e trae giustificazione la successiva documentazione.
La durata del contratto non può essere inferiore ai 12 mesi. La deroga a detta durata può intervenire negli accordi contrattuali solo se motivata, anche in ragione della stagionalità del prodotto venduto. La motivazione deve risultare dall’accordo fra le parti, anche assistite dalle organizzazioni professionali maggiormente rappresentative, tramite le proprie articolazioni territoriali. La durata inferiore a quella minima prevista, non motivata o non concordata con le modalità di cui sopra, è ricondotta a quella minima.
Il prezzo non deve essere inferiore al costo di produzione (art. 5 lett. b). Il richiamo ai costi medi di produzione era già presente nell’art. 10 quater della L. 44/2019 (recante la disciplina dei rapporti commerciali nell’ambito delle filiere agroalimentari). Il regime di durata minima non si applica ai contratti cessione in cui l’acquirente esercita attività di somministrazione di alimenti e bevande nei pubblici esercizi (art. 5 L. n. 287/1991).
La regolamentazione contrattuale sulla durata, sul prezzo, sulla consegna e sui termini di pagamento deve necessariamente essere prevista nell’accordo ed osservare le indicazioni contenute nella legge, pena in difetto l’inserimento nel contratto, in base all’art. 1339 c.c., di quanto prescritto dalla legge. La nuova normativa affida alle Organizzazioni Professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale presenti nel CNEL o in almeno cinque Camere di Commercio (tra le quali Confagricoltura), nella dinamica delle relazioni commerciali, un ruolo fondamentale, soprattutto nella fase genetica e comunque di formazione del contratto di cessione dei prodotti agricoli.