Abbiamo affrontato ripetutamente le novità introdotte dalla riforma della politica agricola comune che andranno in vigore a partire dal 1 gennaio 2023
Abbiamo affrontato ripetutamente le novità introdotte dalla riforma della politica agricola comune che andranno in vigore a partire dal 1 gennaio 2023 e modificheranno in maniera abbastanza decisa i flussi di contributi riservati alle aziende agricole.
Senza tornare sulle modalità di ricalcolo dei titoli disaccoppiati che abbiamo ampiamente trattato nei mesi scorsi, vogliamo qui analizzare alcune novità normative che interessano le attività agricole in corso o in programmazione in queste settimane.
Come ormai noto, a causa della crisi alimentare conseguente alla guerra in Ucraina, anche nel 2023 sarà consentito coltivare tutte le superfici a seminativo a disposizione dell'azienda senza applicare la rotazione delle colture rispetto alla campagna precedente (2022). Queste norme nel nuovo regime non sono più richieste dal greening, terminato nel 2022, ma dalla cosiddetta condizionalità rafforzata e precisamente dalle BCAA 7 e 8.
Contrariamente a quanto ipotizzato in un primo tempo, anche per chi aderirà a misure agro-climatico-ambientali del PSR saranno valide queste deroghe.
Il ricorso alle deroghe, tuttavia, avrà conseguenze operative sulla campagna seguente, 2024, non ancora perfettamente definite in mancanza di norme applicative dei regolamenti comunitari. Queste, sotto forma di decreti ministeriali e circolari AGEA, sono attese per la fine dell'anno in quanto devono essere coerenti con il piano strategico nazionale che è in fase di revisione in seguito alle osservazioni e richieste di chiarimenti formulate dalla Commissione europea.
Innanzitutto occorre ribadire che la possibilità di coltivare anche la superficie che la BCAA 8, in assenza di deroga, obbligherebbe a destinare a riposo per una percentuale del 4 per cento dei propri seminativi, è consentita per tutte le colture ad eccezione di mais, soia e pioppi a rotazione rapida.
È però la norma della rotazione che pone i maggiori dubbi interpretativi, ad oggi ancora irrisolti: assodato infatti che nel 2023 potremo coltivare ciò che vogliamo, ad eccezione dei seminativi, come già detto, di mais e soia sul 4 per cento dei seminativi, cosa dovremo fare nel 2024? Rispettare la rotazione sostituendo le colture del 2023 su ciascuna parcella agricola o, come molti sostengono, essere nuovamente liberi dovendo poi ruotare le colture nel 2025? Ambedue le ipotesi vantano fautori e sponsor di grande esperienza e peso politico. Quindi, per conoscere la soluzione dovremo attendere il pronunciamento del ministero.
Va da sé che se l’interpretazione ufficializzata fosse la prima - e quindi già nel 2024 dovessimo ruotare le colture rispetto al 2023 - quello che andiamo a seminare oggi lo abbiamo programmato per la prossima primavera (magari già acquistando o prenotando sementi e prodotti vari) andrebbe a condizionare le semine 2024. Ad esempio se un agricoltore oggi semina tutto grano sui propri seminativi, nel 2024 non potrebbe farlo su nessun appezzamento dell'azienda.
Quest'incertezza rappresenta un problema organizzativo per l'azienda e proprio per questo è una delle migliori frecce all'arco di chi chiede, Confagricoltura in prima linea, che il 2024 rappresenti l'anno zero per le rotazioni e sia quindi libero.
Un aspetto che invece pare assodato è relativo alla applicabilità dell'ecoschema 4, che prevede la rotazione di colture foraggere o da rinnovo sui seminativi. Il ricorso alla deroga sulle rotazioni nel 2023 impedirà in molti casi di aderire all'ecoschema proprio per l'assenza di rotazione rispetto alla campagna 2022 rinunciando pertanto all'importo di circa 110 euro ad ettaro previsto da questa misura accompa