La non adeguata gestione di alcune specie selvatiche ha molteplici conseguenze, a partire dalla diffusione di malattie che possono avere gravi effetti
La non adeguata gestione di alcune specie selvatiche ha molteplici conseguenze, a partire dalla diffusione di malattie che possono avere gravi effetti sulle attività economiche del settore primario, come recentemente accaduto con la peste suina africana in varie aree d’Italia.
Confagricoltura ed EPS intervengono sulla gestione della fauna selvatica e in particolare sul problema dell’eccessiva presenza di cinghiali. In Italia si contano un milione e mezzo di esemplari che provocano ingenti danni all’agricoltura: la media annuale è di oltre 7 milioni di euro e la stima complessiva, soltanto negli ultimi 7 anni, è di 120 milioni.
Confagricoltura chiede di dare seguito con urgenza a quanto previsto nell’ultima Legge di Bilancio rispetto alle misure di contenimento disposte, e di implementare una strategia di intervento efficace per ridurre la presenza di cinghiali, limitare danni e abbassare il rischio di diffusione di malattie. Per contenere il numero di cinghiali è essenziale aumentare significativamente i prelievi selettivi, concentrandoli soprattutto sulle classi che più incidono sull’accrescimento della popolazione (giovani e femmine) e contestualmente seguire una più corretta programmazione dei piani di abbattimento.
Andrebbero estesi gli strumenti professionali per gli operatori specializzati, abilitati attraverso specifici corsi, per intervenire efficacemente sulla specie attraverso gli attenuatori di rumore, le ottiche di mira a infrarossi o le trappole trasportabili.
Per Confagricoltura ed EPS è indispensabile rafforzare la formazione degli operatori al fine di assicurare efficacia e sicurezza degli interventi, pianificare correttamente i piani di prelievo sulla base delle conoscenze scientifiche più aggiornate, monitorandone poi attuazione e risultati. E’ necessaria inoltre maggiore attenzione al ruolo delle imprese agricole nella gestione faunistica e faunistico-venatoria, a partire da un adeguato riconoscimento di tutte le attività quotidiane svolte a spese proprie, a beneficio dell’intero sistema della biodiversità e della collettività. A questo si aggiunge una piena progettazione e valorizzazione della filiera alimentare, venatoria e naturalistica che comporti positive ricadute sul territorio, anche dal punto di vista turistico.
Non ultimo, si richiede una revisione delle politiche fiscali, riconoscendo la gestione faunistica come attività connessa all’agricoltura, che potrà realizzarsi previa rivisitazione dell’attuale quadro normativo.