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gennaio 2014

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la protezione delle avversità biotiche delle piante, privilegiando le opportune tecniche agronomiche; la difesa integrata obbliga-toria prevede: a) l’applicazione di tecniche di prevenzione e monitoraggio delle infe-stazioni, delle infezioni e delle infestanti; b) l’utilizzo dei mezzi biologici di controllo dei parassiti; c) il ricorso a pratiche di colti-vazione appropriate; d) l’uso di prodotti fi-tosanitari che presentino il minor rischio per la salute umana e l’ambiente tra quelli disponibili per lo stesso scopo.

Il livello obbligatorio di difesa integrata do-vrebbe essere in vigore dal 1 gennaio 2014; al momento in cui viene redatto questo ar-ticolo, purtroppo, non è stato ancora con-fermata questa data di inizio del sistema obbligatorio;

• prevedere un incremento delle superfici agrarie condotte con il metodo dell’agricol-tura biologica, ai sensi del regolamento (CE) 834/07 e della difesa integrata volontaria (legge n. 4 del 3 febbraio 2011) ; la difesa in-tegrata volontaria sarà applicata con sistemi analoghi a quelli previsi dalle Misure Agro-ambientali dei PSR, attraverso disciplinari di produzione e pratiche agronomiche vin-colanti (rotazioni, fertilizzazione, ecc.). Per quanto riguarda l’incremento delle super-fici condotte con il metodo integrato, oc-corre sottolineare che norme troppo com-plesse e troppo articolate difficilmente pos-sono trovare il favore di un numero mag-giore di aziende, specialmente se non sono adeguatamente incentivate e premiate sotto l’aspetto economico; occorre pertanto che in sede nazionale e regionale siano definiti

disciplinari semplici, chiari e applicabili a tutti i settori produttivi.

Per l’agricoltura biologica l’obiettivo del PAN è l’incremento delle aziende aderenti.

• individuare indicatori utili alla misura del-l’efficacia delle azioni poste in essere con il Piano e favorire un’ampia divulgazione dei risultati del relativo monitoraggio . Il PAN intende coinvolgere nell’attuazione del Piano i Ministeri delle politiche agricole ali-mentari e forestali, dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, della salute, dell’Istru-zione, dell’Università e della Ricerca, le Re-gioni e le Province autonome, i comuni, gli enti pubblici di ricerca, gli enti gestori delle aree protette, gli operatori agricoli e ogni altro utilizzatore di prodotti fitosanitari, i produt-tori e i distributori di prodotti fitosanitari nonché tutti i soggetti coinvolti che propon-gano metodologie e tecniche alternative, i consulenti della difesa fitosanitaria, gli enti ge-stori delle reti ferroviaria e stradale, tutti gli enti pubblici e privati, comprese le associa-zioni, che gestiscono aree verdi frequentate dalla popolazione.

Leggendo queste righe saranno molti gli agri-coltori che storceranno il naso; a livello nazio-nale e regionale per tre anni ci siamo battuti affinchè il PAN diventasse uno strumento di crescita e non un insieme di norme che le aziende agricole subiscono con un aumento dei costi e di adempimenti burocratici. C’è, infatti, il rischio reale che il Pan costi-tuisca per le aziende un ennesimo adempi-mento burocratico oltre che un aggravio di costi, senza un’efficacia sostanziale a loro van-taggio; infatti, come ha recentemente affer-

mato il Presidente di Confagricoltura Pie-monte Gian Paolo Coscia , “ siamo in presenza di un provvedimento fortemente sbilanciato sul lato ambientale, che pone a carico del settore agri-colo obblighi molto pesanti, senza tenere conto delle indicazioni contenute nella direttiva europea, secondo la quale, insieme al minore rischio per l’ambiente e per la salute umana, bisogna garan-tire anche la sostenibilità economica e la qualità delle produzioni ”.

Infatti da uno studio comparato della bozza del PAN italiano e dei Piani già presentati in sede comunitaria da Francia, Inghilterra, Spagna, Ungheria, Bulgaria, Spagna, Olanda, Danimarca e Slovenia è emersa in quello ita-liano una struttura molto più complessa, che sembra andare oltre gli scopi della direttiva sull’uso sostenibile degli agrofarmaci. I PAN dei nostri principali partner europei puntano a semplificare e non ad aggiungere ul-teriori oneri per le imprese agricole. Tutti si pongono l’obiettivo di mitigare il rischio e non di ridurre i quantitativi dei fitofarmaci a livello aziendale e, laddove viene previsto qualcosa del genere (come in Francia ad esempio), sono garantiti aiuti ed incentivi finanziari alle im-prese agricole e coperture assicurative per l’eventuale minore resa di produzione. Il PAN italiano sconta evidentemente il fatto di essere il frutto di un decreto di recepimento della normativa comunitaria (d.lgs. 150/2011) affidato in prima battuta esclusivamente al ministero dell’ambiente e, comunque, rimasto successivamente incardinato su posizioni ri-gide come il principio di precauzione appli-cato aprioristicamente, senza considerare i ri-sultati ottenuti nel tempo dalle aziende agri-cole italiane che hanno diminuito il consumo di agrofarmaci di oltre il 7% a partire dal 2000, mentre in Paesi come la Danimarca è aumentato del 35%.

Inoltre il PAN nazionale non considera che per realizzare quanto previsto occorre un ser-vizio tecnico efficiente ed efficace nei suoi in-terventi, che consenta alle aziende di applicare pienamente e in modo costruttivo i criteri di agricoltura integrata (in quanto non si tratta solo di difesa integrata, ma sono in gioco tutte le migliori pratiche agricole).

Quali saranno le ricadute del Pan sul sistema agricolo piemontese e quali le norme attuative che verranno adottate nella nostra Regione: su questi temi ci confronteremo con gli Assessorati regionali competenti nelle prossime settimane.

Marco Visca

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