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ottobre 2012

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TELAIO DI PR OM R DI

Trattori con motori euro 3

M

olto sovente, e in special modo nei periodi di più intenso lavoro, (rac-colta, semina, ecc.) diversi associati titolari di aziende agricole, puntualmente ci ripropongono la domanda: “È possibile lo scambio di manodopera con il mio vicino, anch’esso titolare di azienda agricola?”. La risposta, in linea generale è sì, ma con molte limitazioni e condizioni.

Vediamo anzitutto quali sono le norme che regolano la materia.

L’art. 2039 del codice civile dispone che tra piccoli imprenditori agricoli è ammesso lo scambio di una manodopera o di servizi se-condo gli usi.

Il primo punto da mettere a fuoco è quello di chiarire che cosa si intende per piccolo im-prenditore agricolo.

Lo stesso codice civile all’art. 2083 com-prende tra i piccoli imprenditori i coltivatori diretti che esercitano un’attività professio-nale organizzata prevalentemente con il la-voro proprio e dei familiari; l’art. 1647 c.c. (affitto a coltivatore diretto) definisce tale colui che coltiva il fondo con il lavoro preva-lentemente proprio e di persone della sua fa-miglia, sempre che il fondo non superi i li-miti di estensione che per singole zone pos-sono essere determinanti.

La nozione di coltivatore diretto trova però la sua esat ta ident i f icazione nel le leggi n.1047/1957 e n. 9/1963, che regolano l’assi-curazione obbligatoria per l’invalidità, vec-chiaia e superstiti della categoria.

Secondo queste leggi, coltivatore diretto è colui che si dedica abitualmente alla ma-nuale coltivazione del fondo e/o all’alleva-mento del bestiame, coprendo almeno un terzo del fabbisogno lavorativo aziendale, che la legge quantifica in 104 giornate annue. Per realizzare lo scambio di manodopera non è tuttavia necessario che l’impegno lavo-rativo complessivo raggiunga le 104 giornate. A giustificazione della deroga alle norme sul collocamento, che altrimenti imporrebbero

l’obbligo di assumere il “vicino” con un for-male contratto di lavoro, la dottrina giuridica e la pratica agricola tengono conto che al-cune lavorazioni (fienagione, mietitura, treb-biatura, vendemmia, raccolta in genere, ecc.), devono essere eseguite in un breve lasso di tempo, richiedendo un apporto operativo su-periore a quello di cui dispone normalmente il coltivatore.

Avviene quindi che la manodopera integra-tiva sia fornita, per le imprese agricole dai fa-miliari, dai vicini, con l’impegno di ricam-biarla.

In pratica, lo scambio di manodopera è con-sentito, con l’osservanza di quanto sopra, anche a condizione di quello che la Corte di Cassazione chiama “reciprocanza” o “reci-procità”.

Anche qui occorre accordarsi sul significato da attribuire a questa condizione. Può essa consistere nella restituzione di un qualsiasi lavoro a “favore del vicino” che si è prestato per noi, oppure deve trattarsi di una presta-zione eguale o equivalente a quella ricevuta? La Corte si è pronunciata per la seconda para-frasi, precisando che l’attività di ritorno deve ricollegarsi a quella svolta normalmente sul proprio fondo (coltivazione o allevamento animali), in maniera sostanziale e funzio-nale, sicchè non è ammesso che lo scambio avvenga tra una prestazione agricola di ge-nere diverso (quale ad esempio, un’opera

edile).

Lo scambio di manodopera o servizi tra i col-tivatori diretti non è mai un rapporto di la-voro subordinato, ma è un rapporto contrat-tuale in forza del quale una parte fornisce la-voro/mezzi a un’altra parte, creando in fa-vore di quest’ultima un diritto alla restitu-zione della prestazione fornita, anche in tempi e con modalità diverse, senza alcun compenso o corrispettivo denaro.

Mancando, quindi, un rapporto di lavoro subordinato del “reciprocante” (colui che scambia la manodopera o i servizi), nono-stante le modalità della prestazione, costi-tuisce integrazione all’attività lavorativa ne-cessaria per l’azienda dell’altro piccolo im-prenditore, ciascuno dei piccoli imprendi-tori agricoli “reciprocanti” resta tutelato dalla propria assicurazione; pertanto in caso di eventuale infortunio del prestatore, mentre lavora nel fondo e nell’azienda al-trui, in costanza di scambio e reciprocanza, lo stesso è assicurato e indennizzabile negli stessi limiti di quello subito dallo stesso sog-getto in occasione del lavoro svolto nel fondo o nella propria azienda, in quanto questi conserva, la norma, la qualità e la qualifica originaria.

Chiarite queste caratteristiche, resta da riepi-logare in breve quali sono gli elementi deter-minanti affinché lo scambio di manodopera nel settore agricolo, si possa concretizzare: • i soggetti che effettuano lo scambio di ma-nodopera, o gli eventuali soggetti apparte-nenti al medesimo nucleo familiare, de-vono avere qualifica di coltivatori diretti, iscritti alla relativa gestione previdenziale; • nessun compenso sarà previsto per le pre-stazioni di lavoro scambiate;

• le prestazioni scambiate non dovranno es-sere oggetto di calcolo di stretta equiva-lenza tra quantità e qualità delle stesse; • lo scambio di prestazione dovrà venire solo per attività di natura agricola o attività connesse a queste.

Scambio di manodopera

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