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MARZO 2012

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iamo reduci dal vivace ed in-teressantissimo convegno del 27 febbraio scorso organiz-zato da Confagricoltura Piemonte che ha visto la partecipazione di un eclatante compagine di ospiti e relatori quali l’assessore regionale all’agricoltura Sacchetto, il mini-stro delle politiche agricole Ca-tania il presidente della Commis-sione Agricoltura del Parlamento europeo De Castro ed il nostro Presidente confederale Guidi. Voglio sottolineare che è apparsa significativamente concorde l’in-tera serie di interventi che hanno evidenziato, praticamente all’uni-sono, i problemi dell’agricoltura europea e di quella italiana con le loro emergenze ed hanno deli-neato le strategie per contenere la deriva del settore, riconoscendone tutti l’estrema difficoltà di applica-zione.

Tutti, nel rispetto dei propri ruoli, hanno concordato nel definire le proposte della Commissione eu-ropea come superate, non al passo coi tempi e figlie di una visione dell’agricoltura vecchia di almeno un decennio risalente a quando si pensava che la globalizzazione, con l’apertura sempre più pro-fonda dell’Europa ai mercati mon-diali, avrebbe consentito la solu-zione progressiva dei suoi pro-blemi di approvvigionamento o di eccedenze con il ricorso all’im-portazione ogni volta che la pro-duzione interna si fosse rivelata non concorrenziale o inadatta alla realtà continentale.

Questo approccio si è rivelato pro-fondamente sbagliato. Le mutate condizioni dei mercati e lo svi-

luppo tumultuoso dei paesi extra-europei ha invece causato ricor-renti crisi di mercato che diven-tano sempre più gravi e stanno alla base della volatilità dei prezzi dei prodotti agricoli che riscon-triamo ormai costantemente. Proprio nel definire questa volati-lità una delle peggiori iatture dell’agricoltura europea i relatori si sono trovati nuovamente fra loro in sintonia, diffidando chiunque ritenga che brusche im-pennate dei prezzi di vendita pos-sano essere un bene, dal pensarlo, in quanto esse rappresentano, so-prattutto per gli anelli deboli della filiera, gli agricoltori in primis, solo un volano per la ridu-zione dei margini netti di gua-dagno a causa dell’impossibilità di effettuare qualunque indispen-sabile programmazione degli in-vestimenti e dell’ aumento dei costi dei fattori produttivi, sempre più che proporzionale e quasi mai reversibile.

Gli errori e gli anacronismi della Commissione, purtroppo, si ripe-tono ormai da anni con frequenza sempre maggiore. Sono dovuti, verosimilmente, al distacco del le-gislatore dalla realtà produttiva, alla necessità di mediare fra le esi-genze di tanti paesi (con il pros-simo ingresso della Croazia la Co-munità conterà ben 28 membri) e soprattutto alle spinte spesse volte irrazionali della società europea che in modo ondivago non riesce a comprendere il fondamentale ed imprescindibile ruolo produt-tivo, non a caso definito primario, dell’agricoltura in ogni contesto ed in ogni paese, anche il più

ricco. Spesso si vuole sostenere l’assoluto primato delle esigenze ambientali su quelle produttive (facile a pancia piena). Lasciamo pure agli scienziati e forse ai filo-sofi la definizione e la ricerca di soluzione del problema , rile-viamo però che la politica, quando crede o afferma di affron-tare il problema, utilizza sempre gli strumenti più facili, più dema-gogici più d’immagine, spesso as-solutamente inadeguati. Il greening ad esempio: questa mi-sura considerata dal commissario Ciolos e dai suoi collaboratori il cuore della riforma rappresenta una misura sballata, costosa per il comparto e altamente contraddit-toria. Sfugge veramente il senso di rotazioni obbligatorie in determi-nate realtà produttive e soprat-tutto il 7% di aree a “focus ecolo-gico”, in pratica un set aside obbli-gatorio in presenza di una concla-mata carenza mondiale di pro-dotto.

Anche osservatori estranei al mondo agricolo hanno ormai ca-pito (e lo dichiarano ed agiscono di conseguenza) che la produ-zione alimentare è e sarà il nodo cruciale del presente e del pros-simo futuro.

E’ notizia di queste settimane che Bill Gates, fondatore di Microsoft, nella sua veste di presidente della fondazione benefica di cui è fi-nanziatore, ha dichiarato che un’agricoltura moderna ed anco-rata al territorio è fondamentale per risolvere i problemi di fame e povertà mondiale e che in agricol-tura occorre investire in modo massiccio ed oculato.

Nel corso del convegno e poi emerso quello che pare essere la vera causa sia delle proposte eu-ropee di riforma, poco funzionali all’agricoltura produttiva sia, a li-vello nazionale, dell’inaccettabile inasprimento della pressione fi-scale e burocratica sul settore. Lo ha alla fine evidenziato il mini-stro Catania, rispondendo alla provocazione del presidente Guidi sull’IMU, la nuova tassa de-finita insopportabile oggi per il mondo agricolo.

Il ministro ha portato ad esempli-ficazione del problema la sua dif-ficoltà in seno al Consiglio dei Mi-nistri a far comprendere ed accet-tare la realtà del settore, fatta di utili in calo costante e di difficoltà operative sempre più forti tanto da causare drammatiche ed ormai diffuse chiusure di attività quando non fallimenti. Lo scetticismo dei colleghi ministri, che si riverbera nelle convinzioni ancora troppo diffuse in una larga parte dell’opi-nione pubblica, testimonia invece di un’immagine dell’agricoltura come luogo di ricchezza nascosta, di rendite di posizione e di elu-sione fiscale.

Sono queste concezioni false, frutto di luoghi comuni o di re-taggi di un passato ormai lontano che dobbiamo combattere, tutti uniti, agricoltori ed addetti ai la-vori, con i fatti e con dati certi, per far emergere quella che purtroppo noi sappiamo molto bene essere la realtà attuale del nostro mondo e annullare, o perlomeno miti-gare, gli effetti nefasti delle misure descritte.

Roberto Giorgi

La PAC “Verso il 2020”

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