In breve del 10 Settembre 2013

10/09/2013

Più semplice vendere e far consumare i prodotti agricoli in azienda (Decreto del fare – Legge 98/13 - Art. 30 bis)
L’articolo 30 bis del Decreto del Fare riporta alcune semplificazioni per la vendita diretta dei prodotti agricoli. In particolare modifica alcune parti dell’articolo 4 del decreto legislativo 18 maggio 2001 n. 228.

Eliminazione della comunicazione d’inizio attività (comma 1 lettera a)
Non è più obbligatorio inviare al Comune di appartenenza la comunicazione d’inizio attività se la vendita al dettaglio è esercitata su superfici all’aperto dell’azienda agricola. Di contro, se la vendita effettuata all’interno di locali dell’azienda agricola (ad esempio cantine, luoghi adibiti a degustazioni, etc.) è ancora richiesta la suddetta comunicazione. Unica eccezione se questa è effettuata per la promozione di prodotti tipici o locali.

Pur non esistendo una definizione di prodotto tipico è importante ricordare che solitamente si intendono tutti i prodotti DOP IGP STG e quelli dell’Elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali del DM 8 settembre 1999 n. 350 (l’ultima revisione è stata pubblicata nel supplemento ordinario n.52 della G.U. n. 147 del 25 giugno 2013).

Vendita via internet e comunicazione inizio attività (comma 1 lettera b)
La vendita diretta attraverso il commercio elettronico potrà essere effettuata contestualmente all’invio della comunicazione d’inizio attività al Comune del luogo ove ha sede l’azienda di produzione.

Consumo in azienda dei prodotti acquistati in vendita diretta (comma 1 lettera c)
I prodotti oggetto di vendita diretta possono essere immediatamente consumati nei locali adibiti alla vendita, purché questa non si configuri come attività di somministrazione e comunque rispettando sempre tutte le prescrizioni generali di carattere igienico sanitario.

Inoltre l’attività di vendita diretta dei prodotti agricoli all’interno dei locali dell’azienda agricola non comporta cambio di destinazione d’uso. La vendita può essere effettuata in locali esterni all’azienda agricola a prescindere dalla destinazione urbanistica della zona in cui sono ubicati e su tutto il territorio comunale.


Il mercato del grano tenero e dell’orzo
Non c’è molto da segnalare sul mercato nazionale: le quotazioni – evidenzia L’Informatore Agrario on line - sono rimaste invariate sia a Bologna che a Milano, salvo un ritocco al rialzo (+3 euro/t) su quest’ultimo listino per i frumenti di forza, che ora valgono 246 euro/t (225 euro/t a Bologna). Il frumento panificabile quota a Milano 206,50 euro/t, a Bologna 201,50 euro/t. Queste quotazioni corrispondono abbastanza fedelmente alla situazione reale: il prezzo partenza centro di stoccaggio Nord per un comune «misto rosso» è di 200 euro/t, per qualità particolari si spunta magari qualche euro in più. Al momento sembra che il mercato lo faccia il frumento dell’Europa dell’Est, da cui arriva frumento di buona qualità a prezzi che oscillano tra i 200 e i 215 euro/t. Più cari ovviamente i frumenti austriaci (tra i 240 e i 260 euro/t arrivo molino Nord).

La settimana scorsa le borse internazionali hanno fatto segnare una lieve tendenza al ribasso. A Parigi il future di novembre ha chiuso venerdì a 188,75 euro/t, dopo aver superato nei giorni precedenti anche i 192 euro/t. A Chicago il future di settembre (ormai in scadenza) ha chiuso a 635 cent/bushel, quello di dicembre a 647,6 cent/bushel. In effetti le scadenze successive sono più alte, probabilmente per effetto delle aspettative positive per l’export USA e per il ritocco al ribasso delle stime sugli stock finali in Canada (5,06 milioni di tonnellate invece di 5,13, secondo Stats Canada).

Dopo un agosto decisamente positivo per l’orzo nazionale i rialzi si sono finalmente arrestati. A Milano l’orzo «pesante» è fermo a 209 euro/t, a Bologna a 206 euro/t.

Il futuro delle quotazioni dell’orzo è legato alle sorti del mais. Nonostante una buona domanda mondiale (soprattutto dal Nord Africa e dal Medio Oriente), che ha portato le previsioni di esportazioni Ue già ora a 2,2 milioni di tonnellate, la tendenza rialzista è frenata dalle quotazioni in ribasso del mais. L’orzo francese vale ora a Rouen 173 euro/t, tendenza instabile.

 
Il mercato del mais
La notizia della settimana scorsa è il consistente calo del mais nazionale a Bologna, che ha perso 6 euro/t, chiudendo a 198 euro/t, ossia sotto la soglia psicologica dei 200 euro/t. A Milano il calo è stato più contenuto (-1 euro/t, 209,50 euro/t). La realtà è che le scorte di prodotto nazionale sono al limite, ma la disponibilità di prodotto estero è tale da non lasciare spazi di manovra. Il mais d’importazione, comunitario o dal Mar Nero, oscilla tra i 229 euro/t di Bologna e 232 euro/t di Milano, ma francamente questi prezzi continuano a sembrare sovrastimati.

Il problema – fa rilevare L’Informatore Agrario on line - che è il mais sconta una fase ribassista al livello mondiale, per cui non si intravedono molti margini di recupero per prossimo (scarso) raccolto italiano. Il Matif (scadenza novembre) ha chiuso venerdì a 171,25 euro/t, con un calo di quasi 10 euro rispetto a due settimane fa. Anche a Chicago la settimana è trascorsa all’insegna di leggeri ribassi salvo un lieve recupero venerdì, con il titolo di settembre ormai in scadenza che ha chiuso a 494,4 cent/bushel e quello di dicembre a 468,2 cent/bushel.