Troppe aziende escluse dal PSR 2014-2020

04/10/2016

Così si frena lo sviluppo

Dopo la richiesta di Confagricoltura Piemonte, mercoledì 28 settembre a Torino in Assessorato è stato convocato il Tavolo Verde. Tra gli altri vi erano Luca Brondelli di Brondello, presidente di Confagricoltura Alessandria e vice presidente di Confagricoltura Piemonte con delega regionale al PSR e Marco Visca, responsabile tecnico provinciale, alla presenza dell’assessore Giorgio Ferrero e dei funzionari preposti. Il risultato è stato deludente.

Criticità e proposte di intervento

Dall’esame dell’andamento dei bandi e dagli esiti delle graduatorie relative ai sostegni per le misure 4, 6 e 10 del PSR, si è evidenziata una serie di criticità che qui di seguito si riassumono.
Si sottolinea, preliminarmente, come sia assolutamente inadeguata la dotazione finanziaria per le misure attivate e come molte, troppe, aziende restino di fatto escluse dai finanziamenti. È perciò indispensabile e urgente che la Regione, in taluni casi, integri le risorse assegnate e, in altri casi, attivi con tempestività nuovi bandi.
L’urgenza di aprire un nuovo bando, magari entro fine anno, vale soprattutto per l’operazione 6.1.1 (insediamento giovani) e per la collegata operazione 4.1.2 (investimenti nelle aziende agricole condotte da giovani). Ciò è dettato dal fatto che i giovani esclusi dall’attuale graduatoria sono già insediati da alcuni mesi ed entro un anno devono poter presentare una nuova istanza. Inoltre, alcuni di essi compiranno 41 anni entro breve termine, età raggiunta la quale non è più possibile accedere al sostegno giovani del PSR.
Per quanto riguarda invece la misura 10, o meglio l’operazione 10.1.1 (produzione integrata), si evidenzia come la stragrande maggioranza delle istanze presentate risulti collocata nella parte non finanziabile della graduatoria e quindi esclusa dai benefici del PSR. Si è così mancato di cogliere l’obiettivo proprio delle misure agroambientali, che è quello di indurre le aziende ad adottare comportamenti virtuosi, specie nelle aree dove le criticità ambientali legate all’uso dei fitofarmaci e dei fertilizzanti sono maggiori.
Un elemento che desta particolare preoccupazione è rappresentato dal fatto che non possono accedere ai premi molti giovani insediati e numerose aziende aderenti alle misure agroambientali da oltre vent’anni. Se tale situazione dovesse rimanere invariata, si rischierebbe di bloccare un processo virtuoso, proprio in un momento in cui agricoltori e cittadini dimostrano sempre maggiore sensibilità nei confronti della sostenibilità ambientale. Proprio in ragione di queste considerazioni, occorre destinare, fin da subito, più risorse alla misura, procedendo ad una rapida revisione della tabella finanziaria del PSR con una forte decurtazione dei fondi destinati all’operazione 2.1.1 (servizi di consulenza), che in nessuna Regione italiana è sinora stata attivata e difficilmente lo sarà, a causa delle incertezze procedurali derivanti dalla pretesa dell’Unione Europea di applicare alla misura le regole restrittive della normativa sugli appalti pubblici.
È inoltre necessario che la Regione definisca urgentemente un’unica procedura per le istruttorie delle misure 4 e 6 (in particolare sulle integrazioni documentali), alle quali gli uffici territoriali (ex Province) dovranno strettamente attenersi.
Per quanto concerne ancora le misure agroambientali, vanno subito sottolineate le non poche difficoltà incontrate dagli operatori a causa di norme non sempre chiare e applicabili sul versante tecnico (ci si riferisce, ad esempio, agli impegni facoltativi, quali i sovesci autunno-vernini, l’intervallo di 40 giorni tra la raccolta di una coltura e la semina della successiva per l’operazione 10.1.3, ecc…). Tali difficoltà sono state segnalate più volte, per iscritto e a voce, ai funzionari della Regione e dell’ARPEA senza che siano state individuate idonee soluzioni.

Si evidenziano poi le seguenti ulteriori criticità:
• formazione tardiva delle graduatorie, in relazione agli impegni tecnici assunti fin dall’11 novembre 2015, con notevole danno a carico delle aziende che hanno saputo, solo a fine campagna, che la loro istanza non era in posizione finanziabile. Per di più, a tutt’oggi, mancano ancora le graduatorie per le operazioni 10.1.3, 10.1.4, 10.1.5 e per la misura 11, con impossibilità da parte delle aziende di assumere le opportune decisioni;
• impossibilità da parte del programma informatico di riconoscere, al momento della redazione delle domande, il cambio di beneficiario rispetto alle istanze presentate nel 2015, a prescindere dalla loro ammissione in graduatoria. Questa lacuna del programma ha comportato errori di qualificazione delle domande, considerando come domande iniziali anche quelle di prosecuzione con adeguamento e contestuale cambio del beneficiario;
• mancata assegnazione del relativo punteggio ad aziende che conducono terreni in fascia A e/o B (Piano stralcio per l’assetto idrogeologico del fiume Po). Con la corretta attribuzione di questo dato, le aziende avrebbero potuto sommare al punteggio calcolato altri 3, 6 o 12 punti, in base alla percentuale di superficie in fascia A/B sul totale della SAU, e salire così in graduatoria fino alle posizioni finanziabili;
• analoga mancata assegnazione del relativo punteggio anche ad alcune aziende ubicate nelle zone UNESCO;
• necessità di risemina, con conseguente aggravio dei costi, dei prati realizzati ai sensi della 10.1.4/1 e falliti a causa dell’andamento siccitoso. Ciò è accaduto sia per il ritardo con cui sono stati definiti i bandi, che non ha consentito alle aziende una semina in epoca corretta per l’affermarsi della coltura, sia per la prescrizione contenuta nel bando di effettuare la semina tra l’inizio dell’impegno e il mese di giugno, periodo non agronomicamente sostenibile;
• incertezza, nel caso di impegni facoltativi o degli obblighi previsti dall’operazione 10.1.3, circa la necessità o meno della certificazione del seme da sovescio.
Per quanto concerne infine le misure della forestazione, con particolare riferimento all’operazione 8.1.1 (imboschimenti), la criticità principale è data dall’impossibilità di poter rendicontare lavori in economia, essendo ammissibili esclusivamente le spese risultanti da fatture. Infatti, la maggior parte dei pioppicoltori professionali e attrezzati, ben in grado di provvedere con mezzi propri alle diverse operazioni di impianto, non ha aderito all’operazione, precludendosi la possibilità di accedere ai sostegni.

PSRN: Piano assicurativo individuale (PAI)

In questo elenco di criticità non si può sottacere come AGEA, MIPAAF e ISMEA si siano resi responsabili della disastrosa applicazione della riforma del sostegno al comparto assicurativo agricolo, introdotta dall’intempestivo programma di semplificazione di “Agricoltura 2.0” che ha previsto il Piano assicurativo individuale (PAI). Questo piano, in tutte le Regioni, a cominciare dal Piemonte, appare ingestibile a causa, ancora una volta, degli irrisolti problemi di interscambio dati fra l’anagrafe piemontese e il fascicolo di coordinamento AGEA-SIAN, dal quale il PAI ricava (2016) o verifica (2015) i dati di superficie assicurabile.
A tutt’oggi diversi PAI 2016 non possono essere rilasciati per anomalie di superficie e di resa. Ancora più drammatica la situazione dei PAI 2015 che risultano in compilazione e che non possono essere trasmessi ad AGEA (oltre il 30%) a causa di anomalie varie, sempre per lo più legate all’interscambio dati.
La situazione è stata più volte segnalata, sia a livello regionale, sia a livello nazionale, ma i risultati sono ancora del tutto insoddisfacenti e le soluzioni, quando vengono individuate, risultano per lo più estemporanee e riconducibili all’impegno di singoli operatori e non ad una procedura precisa, codificata e nota a tutti i CAA.
Permanendo questa situazione è impensabile che nella prossima primavera i CAA possano contemporaneamente validare i fascicoli, redigere le domande PAC e PSR e compilare i PAI, specie nei territori dove il ricorso all’assicurazione agevolata è molto diffuso.

Domanda Unica: le problematiche e le possibili soluzioni

I tecnici di Confagricoltura hanno riscontrato forti e ingiustificati ritardi nelle erogazioni dei pagamenti delle domande uniche 2015. Pur tenendo conto della proroga concessa dalla Commissione Europea agli Stati membri, in ordine ai termini di pagamento dei premi relativi all’anno precedente senza incorrere in riduzioni e rettifiche finanziarie (differiti dal 30 giugno al 15 ottobre), si è assistito a ritardi per le aziende sottoposte a controllo oggettivo o titolari di una domanda di accesso alla riserva nazionale (DAR) o interessate da trasferimenti di titoli ex artt. 20 o 21. Questi ritardi hanno penalizzato, e in molti casi stanno tuttora penalizzando, numerose aziende in modo molto grave, mettendone a repentaglio la stessa sopravvivenza.
In base alle informazioni fornite da ARPEA, pare che molti dei problemi riscontrati siano dovuti a difficoltà di carattere organizzativo e informatico proprie di AGEA e del suo consorzio informativo SIN. Verrebbe perciò attribuita esclusivamente ad AGEA la responsabilità dei ritardi e delle anomalie sopra citate e relative alla messa a regime della Riforma PAC e alla gestione dei rapporti con gli OPR regionali, compreso quello piemontese.
In prospettiva, preoccupa anche l’introduzione completa della cosiddetta domanda grafica e soprattutto del piano colturale grafico. Applicata parzialmente a titolo sperimentale nel 2016, si è rivelata di complicatissima gestione, ancorché molto “assistita” da parte dell’Organismo pagatore. In queste condizioni si prospetta pressoché impossibile la gestione in forma grafica di tutti i piani colturali 2017 da parte dei CAA.
È purtroppo ancora d’attualità il problema dei pascoli, realtà di fondamentale importanza per il Piemonte. Da un lato, si registrano continui problemi di fotointerpretazione dell’eleggibilità delle superfici ai fini dei pagamenti PAC, con annosi problemi nella definizione dei titoli di conduzione, solo parzialmente risolti da norme regionali di semplificazione; dall’altro lato, si segnala la richiesta da parte della Regione di densità di pascolamento sempre maggiori, insostenibili in diverse realtà della montagna piemontese. Queste criticità sfociano spesso in riduzioni più o meno marcate dei premi e, nei casi più fortunati, in gravi ritardi dei pagamenti a favore di realtà di montagna che necessitano di un concreto sostegno pubblico per poter sopravvivere.
Il problema della densità minima di bestiame va quindi affrontato con la massima urgenza per individuare soluzioni condivise e diverse da quelle adottate lo scorso anno, che puntano invece a definire soglie crescenti di carico UBA fino al 2018.
In pratica ad oggi, la Regione ha dimostrato il fallimento dell’impostazione del PSR, di cui è indispensabile una revisione immediata.
Chiederemo al Presidente della Giunta che la Regione eserciti un ruolo attivo e propositivo in materia di politica agricola, partendo da un confronto reale e fattivo con le rappresentanze del mondo agricolo e mettendo mano in modo radicale al PSR per cercare di recuperare, nei rimanenti anni di programmazione, il tempo perduto.
Successivamente chiederemo di essere ricevuti da Sergio Chiamparino, al quale consegneremo una piattaforma più dettagliata, chiedendo un termine per l’ottenimento di risposte concrete. Sensibilizzeremo nel frattempo tutte le forze politiche in Consiglio regionale.
Qualora le risposte risultino insoddisfacenti, programmeremo una manifestazione di protesta- proposta in tempi brevi.

R.S.