Florovivaismo - All’Italia il primato della ricerca

02/05/2011

Con un fatturato che sfiora i 3 miliardi di euro, il 6% della produzione agricola nazionale, pari a quella del vino, il florovivaismo rappresenta un comparto strategico nell’economia del nostro Paese. Ventimila le aziende impegnate: circa 13.000 si occupano di piante in vaso, alberi e arbusti, oltre 6.000 di fiori e fronde; il resto ha un indirizzo misto, 112.000 gli addetti impiegati.
Questo il quadro delineato dalla Federazione nazionale florovivaistica di Confagricoltura che si è riunita a Genova, in occasione di Euroflora. Nel corso dell’incontro si è evidenziato che per il settore il 2010 è stato un anno di stallo. I dati Ismea mostrano come la crisi economicofinanziaria abbia comportato un calo del 5% circa del valore delle vendite rispetto al 2009, questo nonostante la ripresa della domanda estera di fiori, piante e arbusti, con un export che ha raggiunto i 643 milioni di euro (+ 8,7% rispetto al 2009), confermando l’Italia al secondo posto tra i Paesi esportatori, dopo i Paesi Bassi. Parallelamente le importazioni, che passano attraverso l’Olanda, e provengono prevalentemente da Kenia, Colombia, Israele ed Ecuador, sono aumentate dell’11%.
In particolare per il comparto dei fiori recis i i costi di produzione hanno scoraggiato gli investimenti, soprattutto per il rincaro dei combustibili (che incidono per oltre il 50%) e la soppressione dell’esenzione dell’accisa a fine 2009, ma anche a causa degli elevati costi
della manodopera (per la maggior parte a tempo interminato e altamente specializzata), della forte concorrenza dei prodotti provenienti da Paesi dove condizioni economiche, ambientali e normative favorevole consentono di produrre a costi notevolmente inferiori ai nostri.
Per le piante in vaso il 2010 ha avuto un andamento molto altalenante a causa del clima freddo, delle forti piogge e delle intense nevicate,
che in parte hanno compromesso la produzione. La richiesta si è concentrata in alcuni mesi dell’anno, privilegiando i vasi mediograndi,
percepiti come più pregiati e qualitativamente migliori rispetto a quelli piccoli, ormai proposti in abbondanza dalla grande distribuzione (i più venduti sono ciclamini e gerani, mentre gli acquirenti principali sono soprattutto donne, casalinghe e pensionate in primis).
“Quello della concorrenza “sleale” esercitata da Paesi del Nuovo Mondo, che tra l’altro hanno enormi superfici investite e possono arrivare sui mercati con produzioni di massa – spiega Francesco Mati, presidente della Federazione florovivaistica della Confagricoltura – è un vero problema, che deve essere affrontato e risolto imponendo il rispetto di regole uguali per tutti, soprattutto nel lavoro e predisponendo adeguati controlli sulle importazioni “selvagge” che permettano l’ingresso di piante non sane, con il rischio di presenza di patogeni
nocivi”.
“Non avremo comunque mai – continua Mati – né la quantità di questi Paesi, né la logistica degli Olandesi. Per questo dobbiamo puntare su quello che è il nostro vero valore aggiunto, la ricerca. Perché le ‘teste pensanti’ di questo settore sono tutte italiane. Maggiori finanziamenti per la ricerca pubblica e per quella privata, coinvolgendo anche il sistema bancario, questa è la nostra priorità. Noi floricoltori non abbiamo un’Organizzazione comune di mercato, non godiamo dei premi della Pac. Siamo imprenditori abituati a stare sul mercato, ad investire e rischiare”.